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Per il nostro organismo è molto importante mantenere la temperatura corporea costante al proprio interno, poiché in questo modo i vari processi metabolici possono avvenire ad una velocità ottimale. Si parla di febbre quando la temperatura corporea sale al di sopra dei valori normali.
La febbre o piressia è un segno clinico che comporta un'alterazione del sistema di termoregolazione ipotalamica e una conseguente elevazione della temperatura corporea al di sopra del valore considerato normale (circa 37gradi Celsius per gli esseri umani in condizioni basali). Si distingue dall'ipertermia che invece è uno stato dovuto a fattori esogeni che comporta l'aumento della temperatura corporea senza variazione della attività di termoregolazione. La febbre può essere indotta da numerosi processi patologici innescati da stimoli endogeni o esogeni.
Negli esseri umani una temperatura sopra i 37 °C è febbre; tuttavia questo è un valore approssimato.
In proposito sono stati compiuti molti studi e sono state indicate varie possibili temperature “normali”. Gli studi più recenti indicano generalmente una temperatura di 36,8 °C, con una certa variabilità individuale (di circa ±0.4 °C).
Tuttavia durante la giornata l'ambiente termico interno subisce delle variazioni legate all'attività di alcune sostanze biologiche secrete con ritmo circadiano. In particolare al risveglio si registrano le temperature più basse, mentre nel tardo pomeriggio questi valori possono raggiunge e superare i 37° centigradi. La temperatura corporea aumenta di sera o meglio nel corso della giornata perché diminuisce da parte del nostro organismo la produzione di cortisolo. Il cortisolo viene prodotto soprattutto nelle prime ore del mattino con un picco verso le 11-12 ed è un potente antinfiammatorio perché blocca la produzione di prostaglandine che sono responsabili dell'insorgenza della febbre.

MISURAZIONE

La misurazione della temperatura corporea si effettua tramite un termometro per uso medico. Il valore riportato dallo strumento non rappresenta necessariamente la cosiddetta temperatura interna, in quanto varia leggermente nelle varie parti del corpo umano. In clinica viene misurata in corrispondenza di uno dei seguenti punti: cavità orale, timpanica, ascella, inguine e retto.


•  Temperatura orale, ottenuta tenendo l'ampolla in bocca. Si considera normale una temperatura tra i 36,8° e i 37,3 °C.

•   Temperatura ascellare, ottenuta tenendo l'ampolla nell'incavo dell'ascella. Si considera normale una temperatura tra i 36,5° e i 36,8 °C.

•  Temperatura inguinale, ottenuta tenendo l'ampolla nell'incavo dell'inguine. Si considera normale una temperatura tra i 37° e i 37,5 °C.

•  Temperatura rettale, ottenuta inserendo l'ampolla del termometro nel retto per via anale. Si considera normale una temperatura tra i 36,8° e i 37,5°C.

•  Temperatura timpanica, è possibile ricorrere alla misurazione della temperatura timpanica per i pazienti più piccoli , la quale tende ad essere di 0,8 °C inferiore al valore rettale.

•  Temperatura cutanea, viene rilevata mediante dispositivi che impiegano raggi infrarossi per rilevare la temperatura della fronte per contatto o a distanza, mediante un puntatore ottico. Tuttavia, la loro affidabilità è molto discussa.

Tra tutte, la temperatura rettale è quella meglio rappresentativa della temperatura centrale o basale, mentre i valori rilevati in sede orale ed ascellare risultano rispettivamente inferiori di circa 0,5/1°C. La temperatura rettale è infatti meno suscettibile alle variazioni dovute a fattori esterni (come la temperatura ambientale), pur essendo comunque soggetta alle tipiche fluttuazioni circadiane (superiore nel tardo pomeriggio), all'attività muscolare, allo stress emotivo e alla fase del ciclo mestruale (aumenta di mezzo grado nel periodo compreso tra l'ovulazione e l'inizio delle mestruazioni).

Meccanismo d'azione

Il suo particolare meccanismo patogenetico consiste in un'alterazione funzionale reversibile dei neuroni dei centri regolatori ipotalamici ovvero del cosiddetto set point ipotalamico; viene innescato da diverse citochine in numerose condizioni patologiche. L'alterazione funzionale dei centri consiste in un innalzamento della soglia di riconoscimento della temperatura di riferimento, per cui i neuroni avvertono come temperatura di riferimento non più quella geneticamente determinata (37 °C) ma una temperatura superiore a questa. Il suddetto slittamento determina l'innesco di risposte termoconservative e termodispersive non più quando la TC (temperatura corporea) si abbassa al di sotto o si alza al di sopra dei 37 °C, ma a temperature superiori.

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Questa è una vera e propria centrale di controllo situata nel nostro cervello sensibile a questi particolari peptidi chiamati citochine, che vengono secreti sia da batteri e virus (pirogeni esogeni), sia dalle cellule del sistema immunitario deputate a combatterli (pirogeni endogeni).
Le citochine possiedono anche un'azione dolorifica e provocano disappetenza, nausea e malessere generale; tutto ciò spiega l'associazione della febbre ai classici sintomi che l'accompagnano. Dato che la maggior parte dei microbi patogeni viene uccisa ad una temperatura prossima ai 40° C, la febbre rappresenta una preziosa difesa per il nostro organismo.

Tra le numerose armi che il nostro corpo ha a disposizione per aumentare la quantità di calore prodotto, limitando al tempo stesso le dispersioni, ricordiamo la vasocostrizione (riduzione del flusso ematico cutaneo), l'aumento del tono muscolare (brividi), della frequenza cardiaca (tachicardia) e delle attività metaboliche in genere (aumento del metabolismo basale).
L'aumento della temperatura si associa da un lato ad una riduzione della proliferazione dei microrganismi patogeni e dall'altro ad un sensibile incremento dell'attività delle cellule con funzione immunitaria. Basti pensare che un  incremento di mezzo grado rispetto ai valori normali è sufficiente ad aumentare considerevolmente la risposta dei linfociti B e T contro i microrganismi patogeni.
Durante i processi infiammatori le prime cellule ad essere attivate sono i monociti che maturano in macrofagi ed iniziano a secernere citochine, proteine che agiscono sia a livello locale che a livello sistemico. In quest'ultimo caso molto importanti sono le interleuchine 1 e 6 (IL-1 eIL-6), il TNF-α e diversi peptidi prodotti dai macrofagi, che vanno ad agire indirettamente sui neuroni ipotalamici. Non sono in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, ma sono in grado di attivare le cellule endoteliali dei vasi che irrorano l'ipotalamo producendo e rilasciando prostaglandine, in particolare PGE2, ed altri derivati dell'acido arachidonico. Queste ultime sostanze, grazie al basso peso molecolare, attraversano la barriera emato-encefalica giungendo ai neuroni termoregolatori, a livello della regione preottica dell'ipotalamo; qui legano specifici recettori (EP3) e determinano un aumento della concentrazione di AMP ciclico, portando alla disregolazione del centro ipotalamico. Il centro termoregolatore, che agisce da termostato dell'organismo umano, è ora tarato non più sui 37 °C ma su una temperatura superiore. L'ipotalamo è quindi "istruito" a mantenere una temperatura corporea più elevata.

CLASSIFICAZIONE DELLA FEBBRE:

• febbricola: se la temperatura è compresa tra i 37 - 37,3
• febbre lieve: temperatura compresa tra 37,4 - 37,6
• febbre moderata: 37,7 - 38,9
• febbre elevata: 39 - 39,9
• iperpiressia: 40 - 41,9
• morte:  >42

Andamento dei diversi tipi di febbre

a) Febbre continua
b) Febbre continua a insorgenza e remissione brusca
c) Febbre remittente
d) Febbre intermittente
e) Febbre ondulante
f) Febbre ricorrente

 

CONTINUA: la temperatura corporea raggiunge i 40 °C e si mantiene pressoché costante durante il periodo del fastigio, le fluttuazioni quotidiane di temperatura sono inferiori al grado centrigado e la febbre persiste nel tempo. Solitamente si ha defervescenza per crisi con sudorazione profusa.

REMITTENTE o DISCONTINUA: le fluttuazioni quotidiane di temperatura (almeno due) sono superiori al grado centigrado e non tornano mai ai valori basali (caratteristica della maggioranza delle malattie febbrili). Il rialzo termico subisce durante il periodo del fastigio oscillazioni giornaliere di due-tre gradi, senza che mai si raggiunga la defervescenza. È frequente nelle setticemie e malattie virali. È frequente nella tubercolosi.

INTERMITTENTE: la febbre sale e scende durante il giorno per tornare alla normalità verso il mattino. Se le escursioni di temperatura sono molto alte si parla di febbre settica. La febbre intermittente è carratteristica delle malattie neoplastiche maligne.

ONDULANTE: il periodo febbrile oscilla da 10 a 15 giorni

RICORRENTE: episodi febbrili intervallati da periodi di tempo più o meno lunghi in cui la temperatura corporea torna ai valori normali (tipico di alcune malattie come la malaria, la brucellosi ecc).

Oltre che per un'infezione di origine batterica o virale, la febbre può insorgere anche come causa secondaria di specifiche malattie o derivare dall'utilizzo di alcuni farmaci.

 

 

La febbre si manifesta di solito in tre fasi:

• fase prodromica o fase d'ascesa: coincide con l'inizio della produzione delle prostaglandine. I neuroni sono tarati ad una temperatura superiore ai 37 °C e innescano delle reazioni che determinano l'aumento della temperatura corporea (spasmi muscolari involontari (brividi), vasocostrizione, stimolazione della tiroide affinché venga attivato il metabolismo basale). Il soggetto ha una sensazione di freddo;

• fase del fastigio o acme febbrile: dura per tutto il periodo di produzione delle prostaglandine. I neuroni ipotalamici mantengono la temperatura sul nuovo valore. Il soggetto ha una sensazione di caldo, con pelle calda ed arrossata, cefalea, mialgia, oliguria, agitazione ed aumento della frequenza cardiaca e respiratoria.

• fase di defervescenza: inizia con l'inattivazione della produzione delle prostaglandine. I neuroni tornano ad essere tarati al normale valore di 37 °C e riconoscendo l'innalzata temperatura corporea mettono in atto meccanismi affinché questa si abbassi (si ha l'attivazione del sistema colinergico che causa sudorazione e vasodilatazione). La fase di defervescenza può essere graduale (defervescenza per lisi) o immediata (defervescenza per crisi). Il soggetto ha una sensazione di caldo.

Bisogna sapere che una febbre alta non va abbassata troppo bruscamente con antipiretici, cortisonici ecc. per non incorrere in complicazioni; né dimenticare che si può essere allergici o intolleranti ai farmaci che si ritengono utili. Ad ogni modo farmaci come l'aspirina sono efficaci soltanto se la febbre ha origini infiammatorie, infatti agiscono inibendo la produzione delle prostaglandine.

Non danno alcun beneficio quindi né nell'ipertermia né nel colpo di calore, in quanto non sono dovute all’azione di pirogeni endogeni, ma ad altri meccanismi che comportano un aumento primitivo della produzione endogena di calore e che agiscono al di fuori del controllo del centro ipotalamico che regola la temperatura corporea.

SINTOMI:

• pallore (vasocostrizione periferica)

• piloerezione (pelle d'oca)

• brividi, sensazione di freddo

• malessere generale.

Il rimedio

La risposta febbrile altro non è che un potente ed efficace mezzo di difesa. L'aumento di temperatura può essere considerato come una vera e propria medicina che il nostro corpo possiede per difendersi da infezioni virali e batteriche.

Privare l'organismo di un sostegno così importante assumendo farmaci antipiretici (in grado di abbassare la temperatura corporea), potrebbe in molti casi avere effetto contrario rispetto a quanto sperato.

Per esempio l'utilizzo di antibiotici può abbassare le difese immunitarie andando ad eliminare non solo i batteri patogeni ma anche quelli utili. Inoltre, se la malattia è causata da virus, questa classe di farmaci si dimostra non solo del tutto inefficace ma addirittura nociva perché per i motivi sopraccitati allunga i tempi di guarigione e favorisce il ripetersi di nuovi episodi infettivi.

Dunque, se la febbre non è particolarmente elevata, la terapia più efficace è il riposo abbinato alle classiche raccomandazioni che prevedono il consumo di pasti facilmente digeribili, l'abbondante assunzione di acqua e l'astensione da fumo o alcolici. E' altresì importante ascoltare i sintomi che il nostro corpo ci invia; se si sente freddo è bene coprirsi di più, se al contrario si avverte una sensazione di calore eccessivo è bene diminuire gradualmente la temperatura dell'ambiente.

Infatti dopo una prima fase in cui l'organismo cerca di trattenere il calore al suo interno per innalzare la temperatura, segue una seconda fase in cui tale calore viene disperso all'esterno per ristabilire l'equilibrio termico (sudorazione, vasodilatazione).
Se la febbre supera i 39°C, soprattutto se a soffrirne sono bambini ed anziani, è comunque opportuno assumere dei medicinali in grado di riportare la temperatura corporea al di sotto di questo valore. Considerando le numerosissime cause d'origine della febbre tali medicinali dovranno essere prescritti esclusivamente da un medico dopo un accurato esame diagnostico nel quale il paziente avrà cura di specificare ogni sintomo avvertito. Se la temperatura permane elevata per più di 3-4 giorni dall'inizio della terapia è bene interpellare nuovamente il medico per esaminare eventuali complicanze.

È utile riservare gli antipiretici quando strettamente necessario ovvero per ridurre i sintomi sistemici associati, quali cefalea, mialgie e artralgie, o in presenza di indicazioni specifiche,  meglio se sotto controllo medico per quanto riguarda bambini piccoli, anziani debilitati, cardiopatici, broncopneumopatici.

In quest'ultimo caso il trattamento della febbre è altamente raccomandato, in quanto la febbre aumenta la richiesta di ossigeno: per ogni grado al di sopra dei 37 ° C, l'organismo necessita del 13% in più di ossigeno e ciò potrebbe aggravare una preesistente insufficienza cardiaca o una patologia respiratoria cronica.
L'osservazione cauta permette alla febbre di espletare il suo compito difensivo se il soggetto: svolge normalmente le sue attività in casa, è lucido, beve, suda, urina, non ha altri sintomi correlati come vomito, tosse, diarrea, cefalea.

Una febbre non complicata in genere dura qualche giorno e va via senza terapia. Non bisogna sottoporsi a cambiamenti di temperatura tra interno ed esterno ma restare a riposo a casa qualche giorno, evitando il riscaldamento eccessivo dell'ambiente.
Quando si ha la febbre in genere non si ha bisogno o desiderio di mangiare, ma si deve bere per disperdere il calore ed eliminare le tossine.

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N.B.     Conosci la corrispondenza tra frequenza cardiaca e stato febbrile? Sappi che un rialzo termico di 1 grado celsius corrisponde ad un aumento di 8 battiti cardiaci. Quindi se conosci la tua frequenza cardiaca e non hai un termometro puoi riscontrare la presenza o meno di un rialzo termico.