Una lesione da decubito è la conseguenza di uno stress meccanico nei tessuti. La lesione è dovuta alla persistente pressione che, superando i 32 mm di mercurio, provoca una strozzatura dei vasi sanguigni, con conseguente necrosi tessutale; per questo è classificata anche come lesione da pressione, ulcera da decubito o più comunemente piaga da decubito. Si tratta di lesione con evoluzione necrotica, che interessa l’epidermide, il derma e gli strati sottocutanei, fino a raggiungere, nei casi più gravi, la muscolatura e le ossa. Le lesioni da decubito spesso sono conseguenza di una inadeguata assistenza in ambito domiciliare per mancanza di conoscenze da parte dei familiari o in ambito ospedaliero da parte dei professionisti sanitari.

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Perché si formano?

L'immobilità protratta per un lungo periodo determina un aumento della pressione tra la superficie corporea e il piano di appoggio. Talvolta, anche l'uso di farmaci può indurre il soggetto alla permanenza a letto. Tale situazione riduce la circolazione del sangue limitando il passaggio di ossigeno e sostanze nutritive e determina la morte dei tessuti (necrosi) con la conseguente formazione dell'ulcera.

In mancanza di ossigeno le cellule utilizzano un metabolismo anaerobio, che produce sostanze tossiche ed acidosi locale, aumento della permeabilità vasale, formazione di trasudato ed edema, nonchè ulteriore sofferenza cellulare fino alla necrosi. Il tessuto adiposo sottocutaneo ed i dotti escretori delle ghiandole sudoripare sono i più delicati e quindi sono i primi interessati. La necrosi può estendersi successivamente alle ghiandole sebacee, all’epidermide ed ai follicoli piliferi. Per tale motivo è possibile la formazione di lesioni in profondità con cute apparentemente integra ( lesioni sottominate).

I meccanismi scatenanti le lesioni sono rappresentati oltre che dalla pressione tra superfice ossea e piano d’appoggio, anche da:

• stiramento dei tessuti
• sfregamento dei tessuti
• umidità

Lo stiramento dei tessuti si realizza quando avviene uno scivolamento dei segmenti corporei l’uno sull’altro. In questo caso si produce una trazione dei tessuti molli superficiali ancorati alle fasce muscolari profonde, con effetto di stiramento, possibile angolazione, microtrombosi, ostruzione e recisione dei piccoli vasi, ipossia e conseguente necrosi tissutale profonda.

Lo sfregamento dei tessuti determina la rimozione dello strato più superficiale della cute, lo strato corneo, con conseguente riduzione dell’attività fibrinolitica del derma, rendendo questo più suscettibile alla necrosi da compressione. L’aumentata perdita di acqua transdermica, con accumulo di liquidi in superficie, comporta una diminuzione della resistenza della cute ai traumi.

L’umidità potenzia l’azione degli altri fattori perché rende la pelle più fragile e facilmente aggredibile. Un’esposizione prolungata della cute all’umidità provoca fenomeni di macerazione ed alterazione del ph riducendo la funzione barriera della cute stessa come avviene ad esempio in presenza di incontinenza e di eccessiva sudorazione.

Tutte le condizioni che comportano una diminuzione della mobilità rappresentano pertanto un importante fattore di rischio di insorgenza delle lesioni.
I pazienti immobilizzati per compromissione della funzionalità neuromotoria e gli anziani allettati rappresentano le categorie più esposte. Questi ultimi sono più esposti anche a causa dell’invecchiamento dei tessuti che risultano ipotrofici, meno elastici e caratterizzati da maggior fragilità capillare.
La presenza di malattie sistemiche concomitanti come il diabete mellito, l’insufficienza renale, l’immunodepressione, i disturbi circolatori, ecc. costituisce un’ulteriore aggravante.

Clinicamente parlando, le lesioni da decubito sono riconoscibili per il loro aspetto e per la loro localizzazione. Nella maggior parte dei casi si trovano in corrispondenza di una salienza ossea, come il sacro, le tuberosità ischiatiche, la cresta iliaca, i talloni, i gomiti, i trocanteri, le ginocchia, i malleoli, l’occipite e le scapole. Possono peraltro insorgere in altre zone come le orecchie ed il naso. Esse provocano dolore, spesso sottostimato, che può aumentare durante le operazioni di medicazione e possono dare luogo a complicanze quali infezioni, perdita di proteine, anemia, osteomieliti, setticemie.
Le lesioni possono essere molto dolorose e difficili da guarire, per questo è molto importante riuscire a prevenirne la comparsa.

La gravità della lesione può essere descritta attraverso 4 stadi (Agency for Health Care Policy and Research),  che vanno da un livello minimo, semplice arrossamento della pelle, fino alla formazione di un cratere profondo che raggiunge il muscolo e l'osso.

Evoluzione per Stadi

I stadio
area di eritema marcato e persistente che non scompare alla pressione digitale con cute integra
II stadio
lesione cutanea superficiale limitata all’epidermide e/o al derma; si presenta clinicamente sotto forma di abrasione, vescicola o bolla
III stadio
perdita di sostanza a tutto spessore, in cui la lesione e la necrosi progrediscono interessando il tessuto sottocutaneo fino alla fascia muscolare, senza oltrepassarla, con o senza sottominature dei bordi
IV stadio
la lesione si estende oltre la fascia profonda interessando muscoli, tendini, strutture capsulari ed osso

I sistemi di classificazione o stadiazione delle lesioni da pressione identificano per stadi le lesioni basandosi sulle condizioni degli strati del tessuto interessato. Le classificazioni per stadi non hanno il compito di descrivere globalmente la lesione, ma di quest'ultima ne forniscono una descrizione anatomica, relativamente semplice, della sua profondità.

Intervento nelle varie stadiazioni

Stadio I: eritema fisso (che non scompare alla digito-compressione) della cute integra; altri segni indicativi dell'imminente insorgenza della lesione possono essere lo scolorimento cutaneo, il calore o l'indurimento.

• Igiene posturale
• Mobilizzazione attiva/passiva
• Riposizionare il paziente in modo che la pressione sia alleviata / ridotta e redistribuita (Forza delle evidenze C)
• Rinforzo muscolare
• Ultrasuoni (onde meccaniche che fanno massaggio vibratorio sottocutaneo) anche in acqua, terapia farmacologica

Stadio II: ferita a spessore parziale che coinvolge l'epidermide e/o il derma. La lesione è superficiale e clinicamente si presenta come una abrasione, una vescicola o una lieve cavità;

• Igiene posturale
• Mobilizzazione
• Riposizionare il paziente in modo che la pressione sia alleviata / ridotta e redistribuita (Forza delle evidenze C)
• Rinforzo muscolare dove possibile
• Fototerapia (I.R/U.V.) creano aumento temperatura locale
• Ossigenoterapia locale o incamere iperbariche
• Terapia farmacologica.

Stadio III: ferita a tutto spessore che implica danno o necrosi del tessuto sottocutaneo che si può estendere fino alla sottostante fascia muscolare senza però attraversarla; la lesione si presenta clinicamente come una cavità profonda che può sottominare o meno il tessuto contiguo.

• Igiene posturale
• Mobilizzazione
• Riposizionare il paziente in modo che la pressione sia alleviata / ridotta e redistribuita (Forza delle evidenze C)
• Rinforzo Muscolare
• Terapia farmacologica e chirurgica

Stadio IV: ferita a tutto spessore con estesa distruzione dei tessuti, necrosi e danno ai muscoli, ossa e strutture di supporto (tendini, capsule articolari). La presenza di sottominature del tessuto e di tratti cavitari può essere associata a lesioni da decubito di stadio 4.

• Igiene posturale
• Mobilizzazione
• Riposizionare il paziente in modo che la pressione sia alleviata / ridotta e redistribuita (Forza delle evidenze C)
• Terapia farmacologica e chirurgica

 

Semplici raccomandazioni......

L’ossigenoterapia come terapia

I benefici indotti da questa terapia si osservano:
• nei trapianti cutanei e nelle ustioni gravi;
• nelle lesioni ossee infette e nelle ulcere diabetiche;
• nelle ulcere flebostatiche e nelle lesioni da artrite reumatoide.

L’ossigeno consente:
•  il rifornimento di ossigeno ai tessuti;
• un’azione antibatterica e antinfiammatoria;
• la rivascolarizzazione delle aree ischemiche;
• la stimolazione della produzione di collagene.